di Danilo Ciancio

“A leggere le etichette ci si accorge che oltre il 95% dei prodotti, soprattutto nella grande distribuzione,  arrivano dal nord, gli oli dalla toscana, i vini dal Piemonte o dal Friuli, ma il paradosso lo si trova nel reparto ortofrutticolo, dove si trovano verdura e frutta provenienti addirittura da paesi comunitari ed extracomunitari”. A parlare è l’architetto catanese Erasmo Vecchio, creatore del franchising COMPRASUD (www.supermercaticomprasud.it).

Stiamo parlando di una rete di supermercati nata nel 2009 che partendo dalla città ai piedi dell’Etna, conta di diffondersi in tutto il sud Italia e non, per ribaltare la tendenza all’ennesimo scippo di risorse economiche dal Mezzogiorno e verso regioni che hanno apparati industriali e logistici avanzati. “Il primo punto vendita pilota è stato aperto a Catania a maggio di quest’anno e sta riscontrando un enorme successo, abbiamo altri 2 punti vendita in Sicilia, e siamo in trattativa per aprirne uno ad Udine, per cui ci ha contattato un emigrato di Agrigento che lì gestisce una catena alberghiera, e  un punto vendita a Roma. Per il 2010 contiamo di aprirne circa 30, con un fatturato che si aggirerà intorno ai 70 milioni di €”, spiega Vecchio. Le regioni del Mezzogiorno sono state già provate da una sistematica colonizzazione da parte di imprese del nord che, dopo aver sfruttato fino all’osso gli incentivi e i vantaggi per insediare opifici nelle aree depresse o colpite dal terremoto del ‘80, hanno sistematicamente razziato le risorse destinate allo sviluppo, lasciando dietro di sè cattedrali nel deserto, intere aree industriali abbandonate al degrado, capannoni fatiscenti scippati dei macchinari e della creatività dei cervelli fuggiti altrove per assicurarsi una vita dignitosa.

A questo si aggiungano gli scempi a cui abbiamo sottoposto i nostri territori, in anni e anni di incuria e di abusivismi, di carenze strutturali e infrastrutturali. Uno dei settori che non ha ancora risentito della crisi economica internazionale, è il settore agro alimentare, settore in cui sicuramente il Sud può fare la parte da leone, grazie al clima favorevole, alla terra fertile e alla lunga tradizione contadina ancora ben radicata.

I prodotti tipici meridionali sono conosciuti in tutto il mondo, tanto che anche il grande regista americano di chiare origini italiane e autore de’ Il Padrino e Apocalypse Now, Francis Ford Coppola, comprendendone le potenzialità ha deciso di commercializzare una sua linea alimentare biologica, puntando sulla tradizione culinaria meridionale “Mammarella’s” (www.mammarellafoods.com). Questo è uno dei pochi settori che nel breve periodo, può avere introiti tali da far crescere la liquidità di cassa a disposizione e sopperire all’incapacità della politica a creare alternative. E qui si riallaccia il discorso portato avanti dall’architetto Vecchio con COMPRASUD. Dietro questa nuova iniziativa,  non c’è solo un progetto economico, di per sè già molto interessante, ma anche una nuova filosofia di fare impresa, una sorta di secessionismo economico all’inverso, da terre che vengono accusate di essere assistenziali (ma che in realtà sono sempre state depredate delle proprie ricchezze partendo dal sacco dei Savoia alle casse della Banca delle due Sicilie in poi).

“Non è possibile che solo il 5% della carne consumata al Sud è prodotta da allevatori nostrani, nonostante l’alta qualità dei nostri allevamenti” e proprio sull’alta qualità dei prodotti della tradizione meridionale “è stata ingaggiata una battaglia di legittima difesa, il nostro non è protezionismo, il desiderio è quello di aprire un nuovo canale di vendita non solo per gli oltre 16.000 meridionali emigrati, ma anche per i milioni di turisti che ogni anno passano le loro vacanze in posti stupendi come le nostre coste, apprezzando soprattutto i prodotti tipici della nostra tradizione contadina, vogliamo dargli, una volta ritornati alle loro città,  l’opportunità di portare sulle tavole i profumi e i sapori delle nostre terre”, continua Erasmo Vecchio. Case importanti come Kimbo, Amaro Lucano, Salumi Spiezia, Pasta Garofalo, acqua Gaudianiello e moltissimi altri piccoli imprenditori che puntano soprattutto sull’altissima qualità dei loro prodotti, hanno creduto in questo progetto.

“Sui nostri scaffali si possono trovare circa 3500 referenze per il food e circa 500 per il no food, si va dai formaggi DOP ai vini DOCG, dalla carta igienica al cibo per cani, tutto esclusivamente produzione delle regioni meridionali, sulla carne poi, siamo particolarmente esigenti, seguiamo tutta la filiera, e, primi in Italia, di fianco al banco macelleria, abbiamo istallato un TOTEM, su cui facendo passare il codice a barre, si può leggere la provenienza, come è stato allevato il bestiame, addirittura come si è nutrito”.

Si punta, dunque, sulla riscoperta delle proprie origini e delle proprie tradizioni secolari, del proprio orgoglio di far parte di un popolo che da sempre ha avuto un ruolo da protagonista nella storia, in maniera non violenta, prendendo per la gola, facendo rinascere l’orgoglio e il senso di appartenenza. Ovviamente il progetto è ambizioso, seguire tutta la filiera, dai campi e stalle, ai luoghi di trasformazione fino agli scaffali, garantendo i consumatori con un il marchio creato per l’occasione, nato dal leggendario acume meridionale, il marchio D.O.M. acronimo di “Denominazione di Origine Meridionale”.

Sempre per la tutela dei consumatori, molta attenzione è data all’etichetta, in cui si potranno trovare tutte le informazioni riguardante il prodotto e la sua tracciabilità. Periodicamente verranno offerte degustazioni e promozioni all’interno della “settimana a tema regionale” che darà l’occasione ai consumatori di provare e apprezzare le tipicità delle diverse scuole.

“Lo scopo non è solo economico per noi, ma anche quello di far sopravvivere e crescere migliaia di piccoli produttori, condannati dall’attuale sistema di distribuzione a diventare contoterzisti per le grandi catene di supermercati come Coop, Auchan, Conad. Il 90% di loro è fuori da qualsiasi canale, secondo noi hanno il diritto di esistere e di veder riconosciuta la loro professionalità, non diventando marchi di insegna, vogliamo far conoscere e diffondere il loro logo, la loro storia, premiare la tenacità e far crescere l’orgoglio e il senso di appartenenza alla nostra terra, sia da parte dei produttori che dei consumatori”.

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