I prezzi delle pesche aumentano di oltre cinque volte (+427 per cento) nel passaggio dal campo alla tavola in Italia dove i coltivatori sono costretti a svendere il frutto dell’estate fino a 20 centesimi al chilo ben al di sotto dei costi di produzione delle imprese agricole che rischiano di dover abbattere le piante.

 

E’ quanto affermano gli agricoltori della Coldiretti che con un blitz hanno scaricato tonnellate di pesche davanti alla sede della Regione Emilia Romagna a Bologna per denunciare che nel 2011 pesche e nettarine vengono pagate ai produttori la metà di dieci anni fa.

 

Si tratta di un prezzo che non ripaga i costi di produzione e che risulta scandaloso se paragonato ai prezzi di alcuni prodotti di uso corrente: gli agricoltori devono vendere  5,5 chili di pesche per una tazzina di caffè, 20 chili per potersi permettere un bitter e addirittura 23 chili per un pacchetto di sigarette mentre i consumatori devono spesso a rinunciare all’acquisto della frutta per gli altri prezzi di vendita ai supermercati. Le pesche sono state distribuite gratuitamente ai cittadini proprio per dimostrare l’esistenza di interessi comuni tra i produttori agricoli ed i consumatori.

 

Le centinaia di manifestanti della Coldiretti hanno costruito un vero è proprio bunker con centinaia di cassette di pesche per dimostrare che l’agricoltura si trova in trincea per salvare il Made in Italy dagli attacchi speculativi che non vengono solo dalle borse. A causa delle distorsioni, delle inefficienze e delle eccessive intermediazioni nel passaggio della frutta dall’azienda agricola al carrello della spesa – sottolinea la Coldiretti – i prezzi possono aumentare anche di 5 o 6 volte. Quest’estate si è allargata senza giustificazioni – sottolinea la Coldiretti – la forbice dei prezzi della frutta fresca tra produzione e consumo. Una situazione che danneggia gli agricoltori costretti a lavorare in perdita ma – precisa la Coldiretti – anche i consumatori che potrebbero acquistare maggiori quantità e a condizioni più vantaggiose.

 

Le motivazioni della crisi sono diverse, dall’andamento meteorologico che ha provocato la maturazione contemporanea di produzioni diverse all’emergenza dell’”Escherichia Coli” che ha causato il contenimento dei consumi ma sotto accusa ci sono anche l’inadeguatezza delle normative comunitarie per la prevenzione e la gestione delle crisi di mercato e la distribuzione commerciale.

 

“Come prima azione per rilanciare i nostri prodotti – ha detto il vicepresidente della Coldiretti nazionale Mauro Tonello – abbiamo cercato un accordo al tavolo interprofessionale nazionale che limitasse l’immissione sul mercato di prodotto di minore qualità e di minor calibro, ottenendo però solo un netto rifiuto da parte della Grande distribuzione Organizzata (Gdo) di impegnarsi a non commercializzare prodotto di importazione con caratteristiche qualitative inferiori a quelle per cui si impegnavano i produttori italiani”.

 

Nel documento elaborato dalla Coldiretti si chiede alle Istituzioni di intervenire presso la Gdo per sottoscrivere l’accordo interprofessionale, già firmato dal resto della filiera, regolamentare l’uso del sottocosto dei prodotti ortofrutticoli, regolamentare l’uso della scontistica, ridurre i tempi di pagamento sui prodotti deperibili, fissare l’obbligo di una corretta informazione al consumatore sulla stagionalità.

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