BIRRA02I micro-birrifici artigianali italiani chiedono una revisione delle accise sulla birra: se ne è parlato in un convegno di UnionBirrai durante RHEX, l’evento di Rimini Fiera dedicato all’alimentazione fuori casa.

Simone Manetti, che fa parte del gruppo accise costituito all’interno dell’associazione, ha riepilogato gli aumenti di imposizione fiscale degli ultimi anni: “Da ottobre 2013 a oggi, l’accisa è aumentata da 2,35 euro a 2,70. E con due ulteriori ritocchi, a marzo 2014 e gennaio 2015, si arriverà a 3,04, con un aumento complessivo del 29,4 per cento”.

A breve entreranno in vigore nuove norme, previste da una determinazione direttoriale che segue un lungo confronto fra UnionBirrai e l’Agenzia delle dogane, e che riconosce la fattispecie del microbirrificio. Norme ritenute “non del tutto soddisfacenti” dai rappresentanti della categoria, che però apprezzano alcuni elementi di semplificazione (ad esempio, il deposito fiscale è ora limitato alla sala cottura, e l’accisa è calcolata sul mosto prodotto, contabilizzato tramite contalitri o, in alternativa, prendendo in considerazione il consumo di energia).

Giulio Marini ha ricordato che “l’Italia non prevede aliquote ridotte per i micro-birrifici, sotto i 5 mila ettolitri l’anno: queste agevolazioni sono previste dalle norme europee, e applicate dal 71 per cento dei paesi dell’Unione. Inoltre, in Italia non sono applicate accise sul vino, a differenza di quanto accade per la birra”. Per Marini, l’Italia dovrebbe ispirarsi alla legislazione “notevolmente più semplice” di altri paesi europei, in particolare il Regno Unito.

UnionBirrai – sigla a cui aderiscono oggi circa 600 piccoli birrifici – chiede inoltre alcune ulteriori semplificazioni: come introdurre un coefficiente di resa del mosto, in modo che le aziende non paghino l’accisa anche sulle perdite, e rimuovere l’obbligo di condizionamento esclusivo della birra prodotta in loco.

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